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[a cura di a.l.]

Antonio Gadaldini (1544-1560) + Il beneficio di Cristo

Trattato vtilissimo del beneficio di Giesu Christo crocifisso, verso i christiani. Questo il titolo che figura insieme alle note tipografiche (Venetiis Apud Bernardinum de Bindonis. Anno Do. M.D.XXXXIII.) sul frontespizio di un libretto che è forse l'unico contributo originale in lingua italiana alla letteratura religiosa "eterodossa" di quegli anni. Si tratta anche del libro che più di altri, crediamo, portò in carcere Antonio Gadaldini.

front. della prima ed. del Beneficio di Cristo Pubblicato anonimo, il Beneficio di Cristo ebbe una straordinaria diffusione e trovò in un primo momento lettori appassionati sia all'interno della Chiesa cattolica che tra i suoi oppositori. Ma c'è anche, tra teologi e inquisitori, o teologi-inquisitori, chi avverte subito in quel libretto un Compendio d'errori e inganni luterani (titolo della confutazione da parte di Ambrogio Catarino Politi, domenicano, pubblicata a Roma nel 1544 -- ora in Beneficio, p. 343 sgg.).

Le discussioni si chiudono con l'esplicita condanna dei Padri conciliari a Trento (21-7-1546) e la formulazione della dottrina cattolica della giustificazione (3-3-1547). Dal 1549 il Beneficio figura nel Catalogo dei libri proibiti e, come ricorda Caponetto (Beneficio, p. 470-471):

la caccia degl'inquisitori fu così pertinace da distruggerne nel giro di qualche decennio quasi tutti gli esemplari. [...] Mentre per l'Europa si spargevano le traduzioni francese, inglese, croata e spagnola, l'originale italiano diventava sempre più raro, [...] finché se ne perdette ogni vestigio. [...] E quando nel 1855 il rev. Churchill Babington ne trovò una copia, registrata nel catalogo della Biblioteca del Saint John's College di Cambridge, [...] fu un vero avvenimento nella storia della cultura.

L'autore del libro è poi stato identificato in Benedetto Fontanini, un benedettino detto anche Benedetto da Mantova. Ma la sua prima stesura fu rivista da Marco Antonio Flaminio, rivista e in parte riscritta. In questo modo gli autori diventano due e, dal punto di vista dell'interpretazione del testo, del suo significato, questo complica notevolmente le cose.

Il "beneficio" di cui si parla è la salvezza che è data da Cristo, con il suo sacrificio, a chiunque creda in lui. Ma quest'idea e questo sentimento così semplici possono essere declinati in vari modi.

Gli studi sul libro si sono dedicati in una prima fase alla ricostruzione delle sue fonti, di quelle non dichiarate. E si sono ritrovati nel testo passi di Valdés, Calvino, Lutero. Restava però in alcuni inerpreti l'impressione che nel libro ci fosse qualcosa di diverso da una riproposizione delle tesi della Riforma, più o meno criptate per non incorrere nella censura delle autorità ecclesiastiche. Pensiamo a passi come questo, tra i più belli del libro (Beneficio, p. 27-28):

Cristo dice adunque: -- La dote dell'anima, sposa mia cara, cioè i suoi peccati, le transgressioni della Legge, l'ira di Dio contro di lei, l'audacia del diavolo contro a lei, lo carcere dell'inferno e tutti gli altri suoi mali sono devenuti in poter mio e sono in mia propria facultà, e a me sta a negoziare di essa come più mi piace, e perciò voglio gettarla nel fuoco della mia croce e annichilarla.

E la sposa, l'anima, dice:

io son regina e imperatrice del cielo e della terra, le ricchezze del mio marito, cioè la sua santità, la sua innocenza, la sua giustizia, la sua divinità con tutte le sue virtù e potenze sono mie facultà [...].

segno cromito (tartaruga)

Carlo Ginzburg e Adriano Prosperi hanno cercato insieme, in un seminario tenuto all'Università di Bologna nel 1971-72 e nel libro che ne hanno tratto, di distinguere nel Beneficio le due diverse mani che lo avevano composto. L'idea era che il senso originario dell'opera si potesse trovare ricostruendo quel che doveva essere stato il testo di don Benedetto prima della revisione di Flaminio.

Partivano dall'insoddisfazione di fronte a ogni tentativo di "incasellare il Beneficio negli schemi correnti di valdesianesimo, luteranesio, calvinismo, Riforma cattolica" (Ginzburg-Prosperi, p.13). Arrivavano a proporre una nuova interpretazione del libro, che è poi stata formulata nel modo più chiaro da Prosperi nel suo studio su Giorgio Siculo (Prosperi, p. 61-62):

accanto alla tesi luterana della giustificazione per sola fede e a quella romana di difesa del valore delle buone opere (da cui dipendeva la sopravvivenza non solo del mondo dei conventi e del sistema sociale della carità, ma soprattutto delle istituzioni ecclesiastiche e del loro vertice romano e papale) fu avanzata allora una proposta che enfatizzava misticamente il valore della redenzione (il "beneficio di Cristo", appunto) come svolta storica e provvidenziale: dopo di essa e in grazia di tanto "beneficio", una umanità rinnovata e risanata si vedeva aperta la via della perfezione fino a confondersi con la stessa divinità. Questa proposta fu fraintesa e deformata per le esigenze di un duello mortale, in cui la Roma cattolica e le chiese evangeliche avevano in comune l'esigenza di sgombrare il campo di ogni altra posizione riducendo tutto alla scelta semplificata tra verità ed errore. Solo la violenza polemica delle contrapposizioni ha potuto portare alla cancellazione della differenza abissale che esisteva tra l'antropologia duramente pessimistica della Riforma e lo sconfinato ottimismo mistico di chi vedeva aperta la via della perfezione religiosa fuori del faticoso processo tradizionale di ascesi, per semplice comunicazione diretta della giustizia da parte di Dio agli esseri umani.