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Responsa diuersorum super statutis Mutinae exclusiuis foeminarum, in quibus latissimè examinatur quaestio illa, an filiae exclusae à successione matris stantib. masculis debeatur dos de bonis maternis, non obstante quod fuerit à fratre dotata in bonis paternis, ante mortem matris / [Giovanni Pietro Sordi, Sforza degli Oddi, Giacomo Menochio]. - [Modena? : Francesco Gadaldini?], 1595.

A-B⁶ C⁴. - 31, [1] p. ; fol.


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Dubiorum solutiones in causa illustr. dd. Lauiniae, Lucretiae, & Hippolitae de Porinis Mutinensium / [Bartolomeo Carandini]. - [Modena? : Francesco Gadaldini?], 1596.

π⁴. - [4] c. ; fol.








[a cura di a.l.]

Luogo di stampa e stampatore di due edizioni giuridiche di argomento modenese

Si tratta qui di due edizioni in folio di poche carte, pubblicate senza indicazione del luogo di stampa e dello stampatore nel 1595 e nel 1596 (CNCE 62111, CNCE 72708). Riguardano questioni giuridiche legate alla successione all'interno di una delle grandi famiglie modenesi, i Porrini.

La stampa del '95 raccoglie tre scritti di Giovanni Pietro Sordi, Sforza degli Oddi, Giacomo Menochio; quella del '96, di sole 4 carte, è invece opera di un solo autore, il modenese Bartolomeo Carandini. Tiraboschi (I, p. 395) chiude la voce dedicata a Carandini con un piccolo elenco de "le poche cose che di lui ci rimangono", dove al punto III crediamo di poter riconoscere, nonostante qualche minima variazione nella forma del titolo, la pubblicazione a cui ci si riferisce: "Dubia diversa in Causa Laviniae, Lucretiae, & Hippolitae de Porrinis. Mutinae 1596. in fol.".

i due frontespizi La marca sui due frontespizi (CNCM 1970 ; U568) è di origine ferrarese: figura, stando a Edit16, in stampe di Francesco Rossi che risalgono a quarant'anni prima, mentre viene certamente utilizzata a Modena da Giovanni Maria Verdi nel 1612 (cfr. Legni incisi 86, p. 63 e fig. 2.VI).

Nella stampa del 1595 troviamo, in apertura di ognuno dei tre scritti che la compogono, iniziali xilografiche che appartengono ai Gadaldini: una N di una serie di 37 x 35 mm; una S e una E parte di una serie di dimensioni minori. Mentre l'unica iniziale xilografica dell'edizione del '96, la D in apertura del testo, è una delle copie prodotte per i Gadaldini da una serie di inziali veneziane di soggetto mitologico.

Sembra quindi che si possa pensare a Modena come luogo di stampa. Ci si chiede chi sarà stato il tipografo.

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Le prime edizioni di Verdi di cui si ha notizia sono del 1600, quando aveva ventisei anni (Montecchi, Verdi). Possibile che già cinque anni prima disponesse dei legni ferraresi che contraddistingueranno le sue edizioni?

Considerando un'altra edizione in folio dedicata alla successione Porrini, stampata anch'essa nel 1595 senza indicazione di luogo né nome dello stampatore, con lo stesso titolo dei nostri Responsa del '95 (CNCE 62112), la cosa sembra possibile, sì. Il frontespizio è stato ricomposto, anche se a prima vista sembra proprio lo stesso di CNCE 62111, con la stessa marca del fonditore di caratteri (CNCM 1970). I testi che contiene sono di altri autori, mentre caratteri di stampa, iniziali e fregi xilografici certamente non sono quelli dei Gadaldini. Iniziali e fregi sono in gran parte quelli, di origine ferrarese, che troveremo più tardi in altre edizioni di Giovanni Maria Verdi. Prendendo come termine di confronto gli Statuti di San Felice pubblicati da Verdi nel 1612: il fregio con due figure alate dalle code vegetali, che reggono uno scudo con al centro un'aquila sopra una fascia a tre stelle, chiude il testo di Bernardino Codebò in CNCE 62112, e lo ritroviamo come finalino alla c. b5v degli Statuti; la V di 36 mm di lato con Venere e Amore alla c. B6v di CNCE 62112 è la stessa della c. 29v degli Statuti).

Non sembra invece così probabile che Verdi disponesse, nel 1595, dei legni ferraresi insieme a quelli dei Gadaldini mai più ricomparsi nelle sue stampe.

I Gadaldini erano ancora all'epoca (fino all'ingresso sulla scena di Verdi, appunto, e di Cassiani) i principali stampatori della città. Avevano già, in passato, importato legni di origine veneziana, o li avevano rilevati da altri tipografi modenesi (la cornice usata da Giovanni Nicoli e poi divenuta una specie di marchio dei loro in-folio; diverse serie di iniziali e fregi xilografici). Si può ipotizzare che nella loro stamperia siano stati per un certo periodo, insieme a quelli veneziani, legni di origine ferrarese, passati poi in possesso di Giovanni Maria Verdi. Oppure è Verdi che se li era procurati e, nel caso delle due edizioni di cui ci occupiamo qui, aveva lasciato ai Gadaldini la marca del fonditore di caratteri. Vale forse la pena di ricordare che Verdi era di origine bergamasca, come il capostipite dei Gadaldini, Antonio, e come i Gadaldini Verdi aveva la sua bottega a Modena in via Castellaro.

In ogni caso resta abbastanza sicura, fondata sull'uso di iniziali appartenenti a diverse serie proprie dei Gadaldini, l'attribuzione alla loro stamperia delle due edizioncine di cui ci occupiamo. La precisiamo col nome di Francesco, figlio di Paolo Gadaldini, basandoci sulle date della sua attività alla guida della tipografia famigliare: 1593-1606.

Si può anche pensare che la pubblicazione senza alcuna sottoscrizione e senza la marca del bambino e della tartaruga, che identificava inequivocabilmente le stampe dei Gadaldini, sia legata all'imposizione fatta a Francesco nel 1594 da parte del vicario del Sant'Ufficio di non osare sotto qualsiasi pretesto o forma "stampare o far stampare qualsiasi cosa, anche minima, senza la licenza nostra o dei nostri superiori" (Montecchi, Gadaldini, che a sua volta cita ASMo, Inquisizione, Processi, b. 8, f.. II, 14a). C'era stata in precedenza, per Francesco Gadaldini, una condanna alla cessazione dell'attività di tipografo come punizione per aver pubblicato un libretto riconosciuto dal Sant'Ufficio come "opera di magia". Alla supplica indirizzata dal tipografo per poter riprendere l'attività si era risposto positivamente ma, appunto, con quell'obbligo dell'imprimatur. Forse, nel caso che qui ci interessa, Gadaldini non aveva voluto rinunciare alla stampa su un argomento "d'attualità" anche se, per ragioni di tempo o di qualsiasi altro genere, non disponeva della necessaria "licenza dei superiori"?

Notiamo comunque che tutte gli opuscoli sulla causa Porrini di cui abbiamo notizia (CNCE 50718, 62111, 62112, 62476, 72708) sono stati pubblicati tra 1595 e 1596 senza la sottoscrizione di un tipografo, e senza l'indicazione del luogo di stampa.


vedi anche:

punto beige l'insieme delle pagine sui Gadaldini